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Immagine del redattoreAntonio Amatulli Psi

Il concetto di "Giusto" e "Sbagliato" nelle Psicologie non Strutturaliste (e nel


giusto e sbagliato nelle psicologie non strutturaliste

Spesso, una domanda che viene posta in terapia (sia da parte del cliente, sia da parte del Professionista) è quella del "Giusto o sbagliato".

Cosa è giusto e cosa è sbagliato è una questione che rientra nei valori individuali delle persone e della collettività dove siamo inseriti. Aspetto molto importante della vita delle persone, ma allo stesso tempo, molto privato. D'altronde, ragionare in termini dualistici di "giusto e sbagliato" ci può rallentare nell'individuazione di una soluzione al problema della persona. Giusto per chi? - potremmo domandarci - e se non è giusto per qualcuno, allora diventa automaticamente sbagliato? "E se fosse un po' gisuto e un po' sbagliato, come troveremmo la "giusta" dimensione?"

L'intenzione positiva di parlare in termi di giusto e sbagliato è quello di capire se la scelta che stiamo portando avanti sia la cosa giusta da fare. E' un modo per avere un criterio che ci chiarisca la bontà delle nostre scelte. Un altro modo per raggiungere la stessa Intenzione Positiva utilizzato all'interno delle Psicologie non Strutturaliste, e quindi nella Terapia Solution Building è quello di usare il costrutto di "utilità rispetto all'obiettivo".

A domande come "E' giusto o sbagliato, fare la tal cosa?" o anche"E' giusto o sbagliato non farla più?" io, solitamente replico: "Ti è utile o non ti è utile fare la tal cosa?" In base ai tuoi obiettivi, che utilità ne puoi ricevere?

Un dialogo incentrato sull'utilità di un comportamento, ad esempio, potrebbe essere:

  • "E' giusto o sbagliato che dia dello S****** a mio marito?"

  • "Dipende. Che utilità ha nel farlo?"

  • "Beh, così, almeno riesco a sfogarmi per il tradimento subito". Mi sento meglio, dopo averlo fatto. Più in pace".

  • "Ok, quindi l'utilità è sentirsi più in pace. e in che modo non le è utile?

  • "Beh, non mi è utile perché la situazione non cambia e io poi torno a star male. In più mio marito, che, alla fine, amo, continuerebbe a sentirsi attaccato."

  • "Bene, quindi ci sono dei pro e dei contro. L'obiettivo che mi ha chiesto di raggiungere invece prevede che lei torni a star bene, non che torni a star male. Quindi le chiedo, le è utile o non le è utile dare dello S****** a suo marito?"

  • "No, non mi è utile. Mi è utile smettere di farlo e focalizzarmi su quello che mi fa star bene..."

Hai notato quanto si può ottenere da una semplice domanda? Qualcuno potrebbe dire che si poteva arrivare alle stesse conclusioni anche senza questo spostamento sull'utilità di una certa azione, e in alcuni casi sicuramente può essere così, ma i rischi sarebbero potuti essere altri. Per spiegarmi sui possibili rischi, ripropongo la stessa domanda, ma analizzata con la cornice "giusto/sbagliato":

  • "E' giusto o sbagliato che dia dello S****** a mio marito?"

  • "E' giusto, è sbagliato... secondo lei è giusto o è sbagliato?"

  • "Non lo so dottore, lo chiedo a lei."

Qui potremmo avere già un rischio: che il cliente/paziente inizi a chiedere a noi delle risposte. Nella Terapia Solution Building, così come nelle Psicologie Non Strutturaliste, l'obiettivo, invece, è permettere al cliente di espandere le sue consapevolezze, tramite l'atto di porre domande. Comunque, continuiamo il dialogo.

  • "Signora, quel che è giusto per me, può non essere giusto per lei. Per questo glielo chiedo. Facciamo un test: In che modo, potrebbe essere giusto dare dello S****** a suo marito?"

  • "Dottore! Mio marito mi ha TRADITO! T R A D I T O. Ha mandato in rovina 5 anni di matrimonio con la prima che capitava. mentre io lavoravo, lui se la faceva con quella lì, che non voglio nemmeno nominare!"

  • "Quindi è giusto o è sbagliato?"

  • "CERTO CHE E' GIUSTO!"

  • E potrebbe essere anche sbagliato?

  • Si, potrebbe. Sono cresciuta con l'idea di moglie che deve sopportare, che deve mantenere il focolare della casa. Quindi potrebbe esser sbagliato. Ma sa, dottore, non sono io quello che ha tradito. Quindi io rimarrò a tenere il focolare, ma lui rimane lo S****** di prima!

Ora, questo dialogo è solo un esempio di dialogo che può accadere in una stanza con uno Psicologo. Non è detto che accada questo, sia chiaro, ma questo è il piglio che può facilmente prendere il discorso.

Per i valori della nostra collettività, è plausibile giudicare negativamente chi tradisce. In fondo, ha commesso un atto che nel matrimonio si considera proibito. E' quindi potenzialmente "giusto", per i valori che accompagnano l'idea di famiglia della nostra società, per una donna, offendere in tal modo il marito. E il pensare che sia giusta una cosa, ci può dare il diritto di attuarla, anche quando rischia di mantenere alto il fuoco del conflitto (e quindi di farci star male).

Per questo è utile chiedere l'utilità di un'azione (o di un pensiero, di una convinzione, etc.), a prescindere che sia ritenuta giusta o meno, perché in questo modo allacciamo il comportamento in questione all'obiettivo individuato con il cliente. E sarà questo collegamento a farci capire se ha senso portarlo avanti oppure no, a prescindere dal sentirci nel giusto o nello sbagliato.

E ora, un esercizio:

Pensa an obiettivo che vuoi raggiungere nei prossimi mesi, poi pensa ad almeno tre cose che ritieni giusto fare. Ora domandati: Queste cose che ritengo giuste fare, mi sono utili o non mi sono utili per i miei obiettivi? E quali altre cose mi potrebbero essere ancora più utili?

Bibliografia: Amatulli A., (2016) Terapia Solution Building, Streetlib Edizioni (attualmente reperibile solo online)

Antonio Amatulli

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